paese della Sardegna in provincia di Oristano agiato in un dolce paesaggio nel centro della marmilla, nel suo prezioso centro storico si possono ammirare oltre sessanta portali di alto valore architettonico che lo rendono appunto “il paese dei portali”. Simala è un piccolo centro di 350 abitanti dell’alta Marmilla, sorto in una fertile valle dove si coltivano cereali, legumi, frutta, vigne e ulivi, attraversata dal rio Mannu. Questo affluente che anticamente veniva chiamato il “fiume sacro” scorre, tra pioppi, salici e canneti, in un’area sacra prenuragica con al centro un menhir, legata al culto delle acque. È la principale testimonianza neolitica di un territorio alle porte del parco del monte Arci e ai suoi giacimenti di ossidiana, “oro nero” preistorico del Mediterraneo. Sono numerosi i resti dell’età del Bronzo: la tomba di Giganti di Piscina Craba e una decina di nuraghi. Dopo la conquista romana il territorio fu densamente abitato, come dimostrano vari insediamenti, e sfruttato per estrazione e lavorazione di piombo e argento: da qui passava la strada da Neapolis a Uselis, i cui resti ancora oggi sono presenti. La maggiore eredità romana è la villa rustica di Gemussi, dotata di impianto termale con mosaici e decorazioni. Significativo è il cimitero paleocristiano di Santu Sadurru.
Il nome del paese deriverebbe dal popolo dei Semilitenses, che qui risiedeva prima dell’arrivo dei romani, oppure sarebbe da collegare al greco Thymalla, euforbia, tipica pianta sarda abbondante da queste parti. Il nucleo originario è altomedioevale: le prime notizie del paese risalgono a fine XI secolo sotto il giudicato d’Arborea, quando ai monaci vittorini fu donata la chiesa di santa Caterina d’Alessandria, uno dei santuari bizantini distrutti - come i villaggi di Pardu e Gemussi - ma rimasti nella toponomastica. L’attuale abitato è articolato in due assi principali che si incrociano dove sorge la parrocchiale di san Nicola, singolare esempio di architettura sacra settecentesca, caratterizzata da un’originalissima cupola. Custodisce pregiati altari marmorei e lignei di scuola piemontese e ligure, e arredi, tra cui argenti (XV-XIX secolo), paramenti sacrisettecenteschi e tappeti fatti a mano. Il santo è celebrato a inizio dicembre: attorno a un falò si offrono castagne e vino novello. A inizio ottobre, nella chiesa campestre a lei intitolata, si festeggia santa Vitalia con processione in abiti tradizionali. Al centro si trovano anche il monte granatico e palazzotti signorili di ispirazione neoclassica tra cui casa Massidda, casa Cancedda e casa Diana, quest’ultima è la più antica risale infatti al 1554 allora dimora della famiglia Monserra Deana. Sulle tortuose strade laterali del paese si affacciano case “rurali” a corte, con loggiati attorno a cortili acciottolati. Le facciate sono ornate da monumentali portali, alcune ne hanno due, con pietra a vista, archi, architravi in legno, fregi e terrazzati.
L’elemento distintivo rispetto ad altri centri vicini è la frequente presenza della “piccionaia”, soprastante o affiancata al portale.
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